lunedì 31 ottobre 2022

Anche FM DXing, Fabrizio Carnevalini ricorda Dario Monferini (con una proposta)

Da sinistra: Dario Monferini, Fabrizio Carnevalini e Leonardo Bolli ad Acquasparta (Umbria) durante una sessione di FM DXing


Di Fabrizio Carnevalini

È arrivato anche il tuo “silent key” Dario. Così mi parlavi della scomparsa di altri dxer, prendendo in prestito dal gergo radioamatoriale questa espressione (indica che il tasto telegrafico non viene più utilizzato perché la persona è deceduta).

Il tuo tasto è stato sempre molto rumoroso. Urlavi. Soprattutto con chi saliva in cattedra disquisendo di ascolti anche quando teneva la radio spenta perché non era più attivo. Di lì a poco avresti fondato Playdx, per dimostrare che anche in Italia, paese sfavorito dalla propagazione, si possono fare buoni ascolti e competere con i mostri sacri del nord Europa.

Come poi ho cercato di fare, anni dopo, con fmdxITALY, seguendo il tuo esempio. Perché il radioascolto è fatica, levatacce e notti insonni per inseguire i segnali. Soprattutto quelli nordamericani in onde medie che amavi e che forse, propagazione permettendo, avrebbero varcato l’Atlantico restando intellegibili per pochi minuti.

Nel 1974, quando venivo a trovarti qualche domenica pomeriggio, mi facevi ascoltare, gonfio di entusiasmo, nastri gracchianti al limite della comprensibilità. Per poi esclamare, eccolo, lo senti? C’è il call number (dell’emittente americana)? Abbozzavo. Non si capiva un tubo. Figuriamoci per uno come me che fino ad allora (andavo al liceo) aveva studiato solo il francese.

Tu invece te la cavavi bene ma soprattutto avevi già riascoltato il nastro decine di volte. Come avrei fatto poi io, anni dopo, riscoprendo l’e-sporadico in FM, per identificare i segnali provenienti da Europa, Nordafrica o Medio Oriente. Facevi tutto con il tuo vecchio Grundig Satellit 1000 e un’antenna direttiva loop oppure un filo avvolto intorno al termosifone.

Stavi sveglio quasi tutte le notti “buone”, telefonando (a scrocco) dall’ufficio della Ignis (quella delle lavatrici), inserendoti (come mi spiegasti decenni dopo) in una linea speciale per comunicare con le sedi estere. E dalla quale chiamavi altri appassionati e le radio, in tutto il mondo.

Telefonate interminabili (la Sip ti manderebbe in paradiso), interrotte solo da un “aspetta”, nelle quali mettevi in attesa per smistare le chiamate che arrivavano al centralino. Insomma, un po’ dovevi anche far finta di lavorare. Perché il tuo vero lavoro, la passione alla quale hai dedicato tutta la vita, era la radio.

Al centralino mi mostravi pacchi di lettere ricevute da tutto il mondo. Che invidia! Oltre a scrivere alle radio per ricevere QSL facevi scambi vorticosi di materiali (adesivi, bandierine, riviste: qualsiasi tipo di gadget in tema radiofonico). Sarebbero arrivati poi i pins, i francobolli, le schede telefoniche. Una collezione immensa frutto di cinquant’anni di sacrifici (reinvestivi tutto nell’hobby) e che ora, per la sciagurata decisione di un giudice tutelare e l’insensibilità dell’amministratore di sostegno è finita al macero.

Davvero un peccato, visto che già negli anni Settanta coltivavi l’idea di creare un museo. Ma non tutto è perduto. Se i vecchi collezionisti unissero le forze si potrebbe realizzare. Almeno per le radio italiane: sarebbe un modo per ricostruirne la memoria, visto che spesso i materiali pubblicitari raccolti dagli appassionati sono l’unica testimonianza di molte delle oltre 12.000 radio italiane nate dal 1975 a oggi.

E per organizzare i materiali, valorizzarli e realizzare delle mostre itineranti anziché farli ammuffire in qualche cantina. Potremmo dedicare questo museo alla tua memoria. Sei d’accordo?

Certo, siamo tutti teste matte come te, la vedo difficile. Ma perché non provare? Tu inizia a metterci una buona parola. Poi, per chi è ancora qui, se c’è batta un colpo e mi contatti.

(da fm DXitaly mailing list group https://groups.io/g/fmdxITALY )